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Come Diomede fu preso.
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Agamenone di parte lontana
questo vedeva, tuttor combattendo;
per che, chiamata sua gente spartana,
in quella parte se ne gì correndo,
e gridò forte:  O Diomede, appiana;
troppo ci vai di dammaggio faccendo! 
E questo detto, in sul capo il ferio,
ond elli a terra tramortito gio.
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Prender lo volle allora Eliodoro
e  l buon Mefiso, e eran dismontati;
ma ben vi fu chi contradisse loro,
Arbato e Cidoneo quivi arrivati,
li quali a piè s opposero a costoro,
e tra lor fur di gran colpi donati;
e Diomede, tutto sanguinoso,
fu tratto dello stormo per riposo.
Come Minòs fu preso.
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Avea Niso ferito il buon Castore
e quasi già che stancato l avea,
Letteratura italiana Einaudi 254
Giovanni Boccaccio - Teseida delle nozze d Emilia
ove Agilleo ancor con gran valore
mostrava ben tutto ciò che valea;
allor Minòs con furia e con furore,
che assai vicino a sé questo vedea,
vi corse e gli assaliti riscotendo
giva, aspramente in qua e  n là ferendo.
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A questo venne correndo Pelleo,
mostrando sé degno padre d Accille,
e in mezza la pressa far si feo
vie più di luogo assai, che se con mille
vi fosse giunto, e il figliuol di Perseo
con lui insieme; e parea che faville
gittasser d ogni parte, sì ferventi
quivi pervenner con tutte lor genti.
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E  ncontro al gran Minòs Pelleo si mise
con un bastone di ferro impugnato,
né mai alcun per colpir li divise,
sì parea ciascheduno inanimato;
e tanto il buon Pelleo s inframise,
ferendo forte e sostenendo armato,
che mal suo grado ebber Minòs prigione:
egli, e co suoi, lo buon Mirmodone,
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Al qual riscuoter Ditteo operava
con quella forza che potea maggiore,
e  l ciprian Rifeo forte l atava,
e  l simile faceva il buon Mintore,
Letteratura italiana Einaudi 255
Giovanni Boccaccio - Teseida delle nozze d Emilia
alli quali Astragon alto gridava:
 Deh, riscotiamo il nostro car signore. 
E Piro e Cenis e Tricon sagace,
ciaschedun sopra ciò quanto pò face.
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Ma Telamone incontro resistenza
aspra facea con Foco suo fratello,
e Fenice con loro, a tale intenza;
Tarso, Cidone, Parmeso e  l gemello
Arion con Acon la lor potenza
dimostravan nell armi a tal zimbello;
tra quali aspra battaglia e angosciosa
fu certo e grande e per tai dolorosa.
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Quivi Rifeo fu da Talamone
ucciso, il qual gli avea morto davanti
miseramente il dolente Arione,
il qual parole, sangue e tristi pianti
ad una ora nel sen del suo Acone,
alla morte vicin, tra tutti quanti,
gittava; e quivi l anima rendeo,
perché cacciata star più non poteo.
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Ma al da sezzo dopo molti danni,
dopo gran colpi e morti dolorose,
dopo molti sudori e molti affanni,
menar sì Foco e Telamon le cose,
che gli uomini Gnosiachi, e gl inganni
loro e le forze e l opre mervigliose
Letteratura italiana Einaudi 256
Giovanni Boccaccio - Teseida delle nozze d Emilia
quasi per vinte, indietro rincularo
e lì preso Minòs pur vi lasciaro.
Come Evandro e Sicceo furono tratti della battaglia.
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Quando l arcado Evandro di lontano
di tal campion si vide rimanere
sol, quasi l ira il fé tornare insano,
e sanza più di sua vita temere,
la bella spada recatasi in mano,
inver di Sicceo corse e con potere
sommo li fece da presso sentire
come sapeva di spada ferire.
39
Ben si difese il giovinetto accorto
e ben l ataro i suoi arditamente,
tal che  l narizio Leles vi fu morto,
e abbattuta d una e d altra gente;
ma alla fine Evandro bene scorto,
abbracciato Sicceo fortemente,
giù del cavallo il voleva tirare,
né il potean colpi da lui separare.
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Tenevasi Sicceo e abbracciato
aveva lui, e  n qua e  n là correndo
givan, ciascun dal suo destrier menato;
ultimamente ciascun, pur tenendo,
fu dal cavallo in tal modo portato,
ched e votaron gli arcioni, e cadendo
si magagnaron di maniera tale,
che più non fero il dì né ben né male.
Letteratura italiana Einaudi 257
Giovanni Boccaccio - Teseida delle nozze d Emilia
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Dintorno a loro era la pressa molta,
chi per pigliare e chi per ritenere;
e sì di genti e d armi v era folta,
che fu più volte loro in dispiacere;
e ciascun si sprovò più ch una volta
di levar su, ma non v era il potere;
laonde il meglio che essi poteno
dalli menati colpi si coprieno.
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Era lì Sipil di Menalo monte,
e  l forte Menfìs, nato in Cinosura,
e d Azan v era il crudo Ginodonte,
e di Partenio con vista sicura
v era Bricol, e con ardita fronte
Croton vi stava, che giammai paura
non si crede ch avesse, e il nifeo
Nirilo e anche Trofilo tegeo.
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Questi volean Sicceo del tutto preso,
e in ciò si sforzavan; ma e v era
ben gente dalla quale e fu difeso
quivi Plesippo e Tosea con fiera
vista si videro, e Acasto acceso
di mal talento, il quale in tal maniera
Croton, tegnente allor Sicceo, ferio,
che morto a piè tramazzato li gio.
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E con lor fu Linceo e Eurizio
e  l buon Fenice, figliuol d Amintore,
Letteratura italiana Einaudi 258
Giovanni Boccaccio - Teseida delle nozze d Emilia
e Etion e Pelopeo Narizio,
ciaschedun uom di non piccol valore,
e ancora con loro era Caspizio;
li qua , ben ch essi avesser le loro ore
più messe in caccie che nell arme armati,
fer d arme sì, che ne furo onorati.
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E  l buon Sicceo, lor compagno caro,
malgrado di Menfìs, soavemente
fuor della calca fra suoi il menaro,
e in riposo quivi pianamente,
con li suoi disarmati, lui lasciaro,
e allo stormo tornar fieramente;
e quei d Evandro fero il simigliante;
poi al ferir seguiron Radamante.
Come Pelleo fu trasportato dal cavallo fuor del teatro.
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Non si ritenne per questo Pelleo,
ma, tra gli Arcadi fieramente messo,
quasi che  ndietro rivoltar li feo
sanza signore, e furvi assai appresso;
al quale Alimedon quanto poteo
si fece incontro, e altri assai dop esso,
e sì d una bipenne in capo il fiere,
ch appena si ritenne in sul destriere.
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Il quale il ne portò tutto stordito
del teatro di fuor, forte correndo,
dove da Tarso e da Cidon seguito
Letteratura italiana Einaudi 259
Giovanni Boccaccio - Teseida delle nozze d Emilia
fu, che  l ritenner, che giva dormendo;
ma nol ritenner pria che risentito
si fu il re, e a caval credendo
esser ancora, voleva tornare
il colpo ricevuto a vendicare.
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